Un gruppo misterioso e interessante quello dei Gravity Says_I:nati nel 2003 in Grecia dalla mente di Manos Paterakis e Nikos Retsos hanno pubblicato il loro primo album solo nel 2007 e per giunta hanno fatto passare altri quattro anni prima della pubblicazione del secondo album (2011).
di Claudio Papitto
E’ un gruppo controcorrente quindi perchè appunto al di fuori delle logiche del mercato musicale. Ma come mai tutti questi anni per lanciare in realtà solo due albums? La risposta la trovi nella loro stessa filosofia di fare musica, intesa come “accompagnamento per le ispirazioni” e “vivere accanto alla melodia”.
Ascoltando il loro primo album, “The Roughest Sea”, le canzoni assumono colori tra il folk e l’elettronica, si mantengono minimaliste ed essenziali, a volte senza neanche parti cantate, con qualche spruzzo di sano vero progressive specialmente nelle prime “Gravity Says I” e “The Air” (quest’ultima con un’insolita partecipazione di voce femminile). Il resto dell’album scorre pressocchè lento tra suoni oscuri e spazi molto onirici.
Ma dove il gruppo esprime al massimo le sue atmosfere oscure e sognanti è nel bellissimo secondo album del 2011: “The Figures of Enormous Gray and The Patterns of Fraud”. Si tratta di un concept album che ricorda strascichi pinkfloydiani anni 70 ma con un’aggiunta originale di un vero e proprio coro formato da cinque voci maschili. E’ proprio il canto a cappella di questo coro che apre alle sonorità progressive dell’album, che si protraggono in due grandi parti di circa 20 minuti ciascuna. Nella musica di questo album non esiste una parte vocale o uno strumento facente da leader, bensì tutto si trasforma armonicamente dal coro solitario alla chiatarra acustica, dallo xilofono al violoncello, dalla batteria alla chitarra elettrica che assieme al basso governa i segmenti più pompati dell’opera omnia.
C’è una ricerca accurata in ogni scelta strumentale delle loro canzoni e questa ricerca ha un fine ben preciso: i Gravitysay_I vogliono raccontarti l’urgenza di un’identità umana e sociale in mezzo ad un mondo che ti scarta e ti distrugge fin dal giorno in cui nasci, un’identità che viene repressa anche dal paradosso odioso di essere giovani e non poter cambiare l’enorme grigio sopra di noi. Sì, forse il gruppo ha preso spunto dalla difficile situazione politica della loro nazione, la Grecia, rendendo questo spunto una fonte di scuotimento per tutti quelli che si sentono oppressi da quell’enorme grigio così ben suonato nel loro concept album. by Claudio Papitto
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good sound great